venerdì, novembre 30, 2007

Presentato a Roma il primo romanzo di Silvana Turchi

Una storia tra terra e cielo. Su e giù per i saliscendi della vita.

acconta di ferite e di montagne, di un viaggio purificatore e di una natura che mitiga ogni piaga, l’opera prima di Silvana Turchi (Mi chiamo Sally, ogni tanto bevo una tazza di tè). Il romanzo, pubblicato da Vele Bianche Editori, è stato presentato alla Casa del Cinema dalla giornalista-conduttrice Licia Colò, dalla scrittrice Valeria Serra e dall’attrice Bianca Damato che ha letto alcune pagine del libro.

a navigazione serena di una famiglia borghese, alle prese con la fremente quotidianità di una metropoli contemporanea, viene sconvolta da un’improvvisa tempesta. La notizia di un tragico problema capitato alla figlia adolescente mette a dura prova l’esistenza di una donna. Il dolore non unisce. L’amore deraglia, la famiglia non esiste più. Il romanzo con scrittura semplice e ritmo in battere percorre le pianure della riflessione, s’addentra nelle strade di una fuga prima di arrampicarsi sulle vertigini di una montagna. Aria da scalare e distacco da attraversare.

Metafora sentimentale e codice emozionale, luogo di rifugio e di ritrovo. Tra le vette immacolate e il silenzio della neve lei rimette le mani nel passato. Scava, ricostruisce, compone. L’isolamento non ascetico (perché la tecnologia e Internet le consentono un contatto con il mondo) è un abbandono panico dentro una natura che aiuta a riportare equilibrio nelle intermittenze del suo animo. Genera senso, ristabilisce un’identità perduta. Spiega Valeria Serra: ”E’ un romanzo che spande i profumi e la magia della montagna. C’è una ferita e la natura guaritrice, un principio ippocratico della letteratura femminile”.

Le fa eco Licia Colò: ”E’ una storia di quelle che piacciono a me. Una storia d’amore per la vita in mezzo alla natura ricca di dettagli, emozioni e di cose semplici e vere”. Il minimalismo delicato dell’autrice viene esaltato dalla cura che mette nel raccontare la bellezza di certi sguardi, quando indugia sull’odore della legna oppure si sofferma a contemplare la classica goccia sulla foglia. ”E’ una storia autobiografica – puntualizza Silvana Turchi – nella misura in cui sono raccontate le emozioni e il coraggio di vivere che mi porto dentro”. Ci sono tutte le fragranze della solitudine e le suggestioni di un ambiente estremo che ti dà pace. Le luci assolute, il sole che ferisce gli occhi e le notti stellate, i fiori, i sassi, i silenzi abitati dagli scenari alpini e himalayani. Sua Maestà la Montagna con le sue voragini rovesciate che vanno verso l’alto e l’abbandono di ogni normalità.

Cime di dolore che suggeriscono la strada per venirne fuori. Paesaggi che suturano le ferite e permettono di scendere a valle con quel sentimento che sembrava non trovare più un codice comune. Su e giù per i saliscendi della vita come per le vertigini di una montagna. Sfida, dolore, conquista. Andare, approfondire e tornare. Recuperare un tempo diverso, ritrovare l’Amore, una storia, uno spazio aperto. Sempre lassù tra terra e cielo.

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