venerdì, aprile 30, 2010

Biciclette: casco obbligatorio, scelta stupida

Il casco a norma e obbligatorio per tutti i ciclisti, è sicuramente la misura più controversa e discussa tra le novità in arrivo per gli amanti delle biciclette e che la commissione Lavori Pubblici del Senato sta esaminando in questi giorni.

"Un grosso favore ai produttori di caschi e un disincentivo a utilizzare la bicicletta" sintetizza Roberto Peia, presidente di Urban Bike Messenger (pony express in bici), che pure usa sempre il casco in quanto "personalmente favorevole all'uso del casco, ma non alla sua obbligatorietà, dato che molte persone rinuncerebbero a utilizzare la bicicletta optando probabilmente per un mezzo motorizzato".

Gli incidenti più gravi sono quelli che coinvolgono biciclette ed automobili. Lo stesso Peia sottolinea come "la protezione che offre l'elmetto, in caso di scontro con un'auto è irrisoria". Gli fa eco Antonio Dalla Venezia, presidente della Federazione Italiana Amici della Bicicletta "il casco protegge solo da cadute a bassa velocità non pericolose, ma non dagli investimenti" che rincara la dose aggiungendo che "in genere siamo noi i primi a raccomandare vivamente l'uso del casco in bicicletta, tuttavia renderlo obbligatorio per legge non solo allontana le persone dal suo utilizzo, ma non salva nemmeno la vita ai ciclisti".

"Ci vorrebbero copricapo integrali, come quelli dei centauri a motore - aggiunge sarcastico Vittorio Carlini sul Sole 24 Ore - ma, poi, sai che apnea. Un'asfissia assicurata, con le gambe che diventano di legno e il rischio di essere venduto come tonno nel mercato del pesce..."

Anche Vittorio Sgarbi ha detto la sua contro l'obbligo del casco in bici, sulle colonne de Il Giornale: "se dobbiamo imporre il casco ai ciclisti dobbiamo imporlo anche ai pedoni." aggiungendo provocatoriamente "e, poi, contro il raffreddore, per legge, dobbiamo imporre anche la maglietta della salute".

L'idea di rendere obbligatorio uno strumento come il casco bici, senz'altro non completamente inutile ma comunque non in grado di incidere significativamente sulla sicurezza è di per se poco comprensibile, soprattutto se si vanno ad analizzare quali e quanti fattori di rischio molto maggiori per i ciclisti non vengano spesso considerati.

I pericoli maggiori per chi va in bici vengono da altre parti: oltre all'imprudenza di ciclisti e automobilisti, questi derivano spesso dalle condizioni di traffico delle strade, dal loro stato di manutenzione e visibilità.

Sarebbe più opportuno lavorare per avere strade migliori, senza le cosiddette "buche assassine" e garantire la massima visibilità possibile durante la loro percorrenza, discorso che non riguarda solo i ciclisti ma anche automobilisti e centauri.

Aumentare le piste ciclabili, sensibilizzare i ciclisti ed essere inflessibili circa il loro utilizzo (dove presenti) è perciò di vitale importanza, al fine limitare la vicinanza tra automobili e biciclette. Purtroppo in caso di scontro tra auto e bici il casco serve a ben poco.

Troppo spesso vediamo strade senza pista ciclabile o, peggio ancora, invase dalle biciclette con accanto una pista ciclabile deserta e inutilizzata, anche in prossimità di strade pericolose e trafficate. Con il casco obbligatorio non si risolvono questi problemi e il provvedimento rischia di crearne semplicemente altri.

La bicicletta è un mezzo ecologico, non inquina, non consuma energia, non intasa i centri storici e si parcheggia ovunque. E' anche un ottimo rimedio contro la vita sedentaria. Obbligare chi la utilizza ad indossare il casco significa disincentivarne.

Perciò l'idea del casco obbligatorio in bici è stupida, tantopiù se arriva dopo anni in cui si è lavorato, e bene, in senso opposto. Basti ricordare i recenti incentivi sull'acquisto di biciclette italiane o la varie iniziative di bike sharing.

Proprio il mondo del bike sharing è in fibrillazione. Sempre leggendo Il Giornale in questi giorni si trovano infatti dichiarazioni preoccupate di Sergio Verrecchia, project manager di BikeMi Italia che osserva come "l’obbligo del casco disincentiva l’uso di Bikemi. L'utente tipo, infatti, è il manager, l’uomo di affari, chi lavora in centro, gli anziani e chi usa la bicicletta per spostarsi per tragitti brevi e veloci. È indubbio che il casco complichi le cose, faccia perdere tempo e soprattutto costringa gli utenti a girare tutto il giorno con il casco."

Un'altra preoccupazione di Verrecchia è data dalla "gestione" del casco all'interno del bike sharing, poichè "la filosofia di BikeMi è offrire la possibilità anche a turisti e passanti di prendere una bici «al volo». E in questo caso? I caschi allora dovrebbero essere in dotazione delle biciclette, si potrebbero distribuire almeno all’inizio su tutte le bici, ma in questo caso il problema sono i furti".

La speranza di tutti, dagli operatori agli utilizzatori finali, è quella che prevalga il buonsenso nelle istituzioni e ci sia un ravvedimento su questa stupida norma.

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