lunedì, agosto 31, 2009
Il primo sardo alla mini-transat
Impresa sportiva, avventurosa e affascinante, con regole d’iscrizione severe, la transatlantica in solitario si tiene ogni biennio in partenza dalla Bretagna e con arrivo in Brasile. Tre ingredienti indispensabili per questa regata della classe mini: una barca di sei metri e mezzo, una corsa solitaria e senza assistenza e l’Oceano Atlantico. Inventata da Bob Salomon nel 1977 la Mini Transat ha portato grandissime emozioni ma anche terribili sofferenze. Ma vince sempre l’amore per il mare e questa sfida rimane il sogno di tutti i velisti.
Abbiamo incontrato Gaetano Mura, originario di Cala Gonone, e primo sardo ad affrontare questa avventura, a bordo del suo GRF91. Per lui è iniziato il conto alla rovescia. Ci spiega la sua tecnica per tenersi sempre allenato e ci parla della sua esperienza ma anche della sua filosofia di vita.
Come ci si sente emotivamente a tre mesi dalla partenza per una Transoceanica in solitario?
Sembrerà strano ma la vera impresa è proprio arrivare alla partenza. Il duro lavoro -costruzione della barca, ricerca di sponsors, qualifiche e allenamenti - è già stato fatto negli anni che la precedono. Ora non resta che partire, concentrarsi, mettercela tutta e fare correre la barca tra le onde dell’Oceano. Cercando sempre il piacere di stare in mare, che è la cosa che più di tutte mi auguro di trovare.
Con un “guscio di noce” di soli 6,50 m in mezzo al grande Oceano, in completa solitudine e senza comunicazione con l’esterno, ci vuole anche un po’ di follia?
Lo so che tutto questo può sembrare folle ma non si improvvisa nulla; dietro c’ è un enorme lavoro, anni di preparazione, di regate e di allenamenti e niente viene lasciato al caso. Per il resto c’ è la sorte, come nella vita di tutti i giorni.
Ha paura quando è in mare?
Innanzitutto bisognerebbe stabilire il concetto di paura. Il fatto è che si può avere paura di aver coraggio o avere il coraggio di aver paura.
So che si dorme a tranches di venti minuti ogni ora. Si può resistere a questi ritmi per un mese?
Si può resistere anche per più mesi. Credo si debba avere una certa predisposizione poi bisogna imparare a conoscersi, a rilassarsi per poter dormire a comando. E’ un aspetto molto affascinate di cui si potrebbe parlare per ore.
A bordo di una barca così piccola e senza possibilità di cucinare cosa mangia un solitario?
Questo è uno tra gli aspetti più importanti della preparazione, ho affidato questo compito a degli amici più esperti di me. Il cibo si divide in buste - una per giorno - all’interno delle quali si trova il fabbisogno giornaliero; quasi tutto secco o liofilizzato, col giusto apporto energetico, tenendo conto delle diverse zone climatiche e della particolare dieta che seguo. Quando il mare è veramente brutto ci si accontenta di barrette energetiche.
Le manca la famiglia?
Probabilmente è una delle mie debolezze più grandi quando sono isolato. Mi piace molto stare in famiglia. Mi piace la mia casa. Se potessi fare solo una chiamata di cinque minuti a casa ogni tanto, anche solo per scherzare o lamentarmi un po’, sentire la loro voce, renderebbe tutto più facile. Ma non si può e anche questo fa parte del gioco.
E loro come vivono questa situazione?
Quando si è in questa fase, inevitabilmente, quasi tutto il tempo è dedicato all’obiettivo e si trascura un po’ tutto il resto, amici compresi. Da questo punto di vista sono fortunato non solo perché la famiglia mi “sopporta” ma anche perché mi sostiene con grande entusiasmo.
Per esser un navigatore solitario bisogna fare tutto da solo?
In mare naturalmente si. Anche a terra passo lunghi periodi a lavorare in solitudine. Per essere un buon navigatore solitario bisogna però essere in tanti; e veramente tante sono le persone e gli amici che hanno un ruolo in questa mia avventura.
E’ dura la solitudine?
Mi pongono spesso questa domanda. I problemi di un navigatore solitario sono tanti e tali da non aver troppo tempo per pensarci. Credo che ci sia una grande differenza tra quella ricercata e quella subita. E comunque, nella cultura pastorale dei sardi, la solitudine ha sempre fatto parte della vita stessa.
Si dice che i sardi non siano navigatori. Si sente un po’ atipico?
No. Mi sento uno che ha una grande passione, questa è una fortuna indipendentemente da dove si è nati o dove si è vissuti.
Ripiegati il fiocco e la randa si spediscono a Cagliari per le ultime modifiche prima della partenza. Siamo ormai agli sgoccioli. Bon vent!
Maggiori informazioni su www.transat650.org e www.gaetanomura.com
AURORE MARTIGNONI
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Fotografie di eccezione!
Posta un commento