Una sentenza uscita qualche settimana fa che ha scatenato moltissimo gli animi degli internauti, a causa delle possibili conseguenze e dei possibili messaggi che potrebbe passare, ovvero che coloro che ospitano i contenuti siano responsabili delle azioni degli utenti.
Molto è stato dibattuto su questa sentenza, anche della sua pericolosità per la libertà di espressione e della neutralità di internet.La vicenda è iniziata con la denuncia dell’associazione Vivi Down, verso la società Google Italia, per la presenza di un video avente come soggetto un bambino down picchiato a scuola da altri ragazzi.
La sentenza ha condannato i manager di Google.it per il video inserito nel loro servizio, attivando moltissime discussioni e creando due fronti ben delineati, il primo formato da coloro che parlano di un boicottaggio verso un mezzo troppo libero e indipendente e quelli che parlano di un errore da parte di Google e del mancato inserimento del bottone per l’accettazione della Privacy.I primi fanno adito verso gli organi governativi, che vedono sempre più internet come un mezzo troppo libero e dove l’informazione non può essere guidata o anche solo supervisionata.
I secondi parlano di documenti, le qui traduzioni legali non sono mai apparse, interni all’azienda che cercavano di evitare qualunque tipo di paletto per il caricamento dei contenuti, questo solo ed esclusivamente allo scopo di far crescere il servizio di Google Video, quello che poi sarebbe diventato l’attuale Youtube.
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