lunedì, ottobre 04, 2010

No alle case popolari ai nomadi.

“Voi no case Milano”, questo è ciò che sostanzialmente è stato detto ai Rom del campo nomadi in via Triboniano a Milano. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha escluso che le famiglie che attualmente abitano nel campo possano vedersi assegnate delle case popolari o, comunque, delle abitazioni che facciano parte del patrimonio pubblico del Comune. Il ministro dice di confidare nelle associazioni di volontariato milanesi per trovare una soluzione per le famiglie che saranno sgomberate.
La Cgil s’indigna e sottolinea che molti di questi Rom “sono cittadini italiani, in possesso dei requisiti previsti per l’assegnazione di alloggi popolari. L’appartenenza a una etnia viene usata per cancellare un diritto”.
Il sindaco Moratti ribadisce che la soluzione per la sistemazione delle famiglie, ora nelle mani del prefetto, non può essere quella delle case Aler o delle case del Comune.
Questa decisione avrebbe addirittura effetto retroattivo sulle 11 case popolari già assegnate ai nomadi di via Triboniano, poiché, afferma l’europarlamentare leghista Matteo Salvini, “Sono case assegnate temporaneamente alle criticità”.
Bisognerebbe, a lato di questa vicenda, riflettere anche sul fatto che “dare una casa ai nomadi” è un’espressione che contiene in sé una contraddizione ed è proprio per questo che non è raro che una famiglia rom rifiuti di stabilirsi nell’abitazione assegnatale, perché ciò che, nella nostra cultura stanziale, noi viviamo come nido accogliente e protettivo, per la cultura nomade significa resezione dei legami familiari e di clan. Quindi, al di là delle buone intenzioni, sarebbe forse più gradita (e probabilmente meno onerosa) l’assegnazione di un terreno con servizi da campeggio, piuttosto che singoli appartamenti lontani fra loro.

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