Un calcio al calcio
Dagli americani agli scarti spagnoli passando per il possesso palla.
C'era una volta la pagnottella con la frittata. Le partite di calcio cominciavano tutte alla stessa ora e gli stadi non erano coperti. Si attendeva ore l'apertura a dei cancelli per sedersi al posto migliore. I sedili numerati non esistevano. Il tempo dell'attesa trascorreva tra scopette, tressette e chiacchiere da bar. Le maglie dei calciatori erano di lana pesante e i palloni erano di cuoio, che se disgraziatamente pioveva bisognava farsi il segno della croce prima di colpirlo di testa. Le figurine dell'epoca immortalavano calciatori con un look improbabile. Se non avessero avuto la maglia della squadra nessuno avrebbe immaginato facessero quel mestiere. Scendevano in campo sempre gli stessi, si ignorava l'esistenza della parola turn over. La Coppa de Campioni era davvero una coppa per i campioni e non un trofeo ad uso e consumo della TV. Paolo Valenti era il guru del postpartita e anche l'unico modo per vedere i gol. I protagonisti della domenica non scrivevano sui social network, e forse nemmeno scrivevano.C'erano le bandiere, quelle di stoffa e quelle umane. Gli striscioni erano pensati con il cuore e scritti con la vernice. Le frasi erano sincere, figlie di gioia o di delusione ma mai commissionate da terzi per orientare l'opinione pubblica. Calciatori che si identificavano nella squadra e nell'immaginario dei tifosi. Presidenti con pochi soldi e tanta passione che, ancora non lo sapevano, avrebbero sperperato le loro finanze dietro ad un pallone. E' giunta l'era del calcio scommesse e abbiamo vinto un mondiale. Sono arrivati i network televisivi e i calciatori sono diventati “calciattori”. Le immagini delle figurine sembrano ora estratte da un book fotografico di moda. E' sopraggiunto lo tsunami di Calciopoli e abbiamo vinto un altro mondiale. Squadre fortissime con pochi tifosi e team meno forti con un fiume di sostenitori.
C'era una volta la Roma, core de na città. Una squadra che poco vinceva ma incarnava la romanità. Attraverso leggendarie gesta di calciatori come Di Bartolomei, Conti, Pruzzo, solo per citarne alcuni, la Roma è entrata nella storia del calcio. Poche vittorie tanto amore. Tanta passione poca gloria. Ma per tutti i sostenitori la Roma era la Roma. Unico grande amore di tanta e tanta e gente. Presidenti con passione e denaro hanno dato nuovo lustro. Tra successi e amarezze tanti i giocatori acquistati e poi ceduti. Molti gli allenatori seduti su quella gloriosa panchina, cosi come molti i dirigenti più o meno tali. Cambiavano gli interpreti, i registi e i produttori ma una cosa rimaneva sempre uguale: la romanità. Purtroppo i tempi cambiano, e le banche si sono sostituite ai Presidenti. C'è stata la nuova scoperta dell'America, anzi degli americani. Dall'alto della loro esperienza calcistica, tra un hamburger ed un hot dog, hanno affidato la gestione a dirigenti di spessore. Essi, forti delle conoscenze accumulate negli anni si sono circondati degli scarti della Spagna, affidando il timone al nuovo messia del possesso palla. Questo possesso palla molto temuto dagli avversari, i quali rispettosi si impossessano a loro volta della palla solo per pochi minuti. Giusto il tempo di fare qualche gol e poi con doveroso rispetto se ne liberano in religioso silenzio.
C'era una volta la Roma e la romanità. Appunto, c'era.
Fabrizio Falciani
Nessun commento:
Posta un commento