Abbiamo incontrato
Sabrina Di Giacomo, Laureata in Filosofia, ora Pedagogista Familiare,
recentemente diplomata presso l’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare.
Quello che vogliamo comprendere, al di là del significato e dell’essenza di
questa figura professionale, è l’impatto di crescita che tale approccio ha
avuto per e sulla persona.
Come sei arrivata a
conoscere la professione del Pedagogista Familiare ed in particolare l’INPEF?
Ho scoperto l’INPEF e la sua intensa attività
di Formazione e Tutela dei Diritti Umani nel 2012, navigando sul web in cerca
di un Master che mi convincesse, che sentissi nelle mie corde. La mia ricerca
era iniziata già nel 2010, avevo valutato diversi percorsi formativi nella mia
Regione, la Puglia, ma non mi avevano convinto, li ritenevo troppo teorici e
poco pratici. Dopo aver conseguito una laurea in Filosofia ero in cerca di uno
spunto pratico, per rendere fruibili i contenuti che mi avevano entusiasmato
durante il percorso Universitario e che, molto spesso, non risultavano
accessibili a tutti. Stavo già lavorando nel campo della formazione ma avevo
voglia di ampliare le mie conoscenze. Quando ho letto le attività dell’INPEF mi
sono sentita coinvolta e ho contattato l’Istituto, ho avuto un colloquio con la
Prof.ssa Palmieri che mi ha chiarito ogni dubbio e così, a ottobre del 2012
sono partita per Roma per prendere parte alla prima lezione del Master in
Pedagogia Familiare.
Che percorso hai fatto?
Il percorso che ho fatto all’INPEF si può
definire un vero e proprio viaggio alla scoperta di me stessa. Quello che ho
imparato in questi due anni mi ha permesso di rivedere, con nuovi occhi , anche
il mio percorso scolastico e di comprendere alcune difficoltà che avevo anch’io
e che, soprattutto al liceo, mi hanno creato un senso di inadeguatezza perché
non riuscivo a conseguire i risultati sperati in greco e latino, nonostante il
mio impegno e la mia passione per le materie. Grazie al Master in Pedagogia
Familiare ho potuto utilizzare al meglio le mie competenze artistiche per
esplorare nuovi modi per insegnare. Si può dire che ho fatto un percorso
bidirezionale: da una parte, sono riuscita a compenetrare il disagio scolastico
partendo dalla mia esperienza, e dall’altra mi sono spinta verso l’esterno
acquisendo informazioni utili per lavorare con ragazzi/e di tutte le fasce
d’età. All’INPEF si lavora anche su se stessi e questo è importante.
Quali sono i punti di
forza dell’INPEF?
Sono diversi i punti di forza dell’INPEF, è un
vero mix di Competenza, Esperienza e Passione.Tutti i docenti portano in aula
la loro esperienza concreta e questo è un grandissimo punto di forza perché è
proprio questa concretezza che manca all’uscita dell’Università; credo che la
separazione tra vita Accademica e Lavoro sul campo sia ancora presente nella
formazione Universitaria. L’INPEF, invece, è una realtà al passo coi tempi
perché opera a stretto contatto con la società liquida in cui viviamo, è quindi
“attrezzata alla navigazione”. Un altro punto di forza è l’accoglienza e lo
scambio che viene favorito. Infatti ho avuto la possibilità di relazionarmi con
colleghi e colleghe provenienti da tutta Italia con i quali siamo ancora in
contatto per continui scambi di idee e per condividere progetti.
In cosa pensi di essere
cresciuta?
Sicuramente sono cresciuta professionalmente
perché ho acquisito competenze specifiche e spendibili ma credo di aver trovato
anche una chiave di lettura che, a distanza di tempo, mi ha permesso di
affrontare vecchi traumi “scolastici” che in alcuni momenti della mia vita
hanno inciso moltissimo, rallentando il percorso universitario a causa della
mania di perfezione indotta dall’Insicurezza. Ho ripensato ad alcune insegnati
del liceo che ci sottoponevano a subdole umiliazioni, sicuramente in buona fede
o perché anche loro vittime degli stessi metodi. Comprendendo sono riuscita a
perdonare per essere diversa, abbracciando una scelta importante: quella di
esplorare metodi creativi e accessibili per tutte le diverse intelligenze. L’apprendimento
deve essere affascinante, deve indurre ad approfondire, deve divertire e
rendere gioiosi. È questo ciò che voglio donare ai miei studenti e alle persone
che si affideranno a me.
Cosa intendi fare di
queste competenze acquisite, nel presente/futuro?
Ho già iniziato ad operare nel campo.
Quest’anno, infatti, ho seguito due ragazzi ottenendo risultati davvero
soddisfacenti Sono molto soddisfatta del lavoro che ho avviato e intendo
organizzarlo sempre meglio, per diffondere nel mio territorio ciò che ho
appreso in questi anni di formazione all’INPEF. Credo molto in questo progetto
e condivido l’approccio dell’INPEF ai disturbi dell’Apprendimento, un approccio
più pedagogico che diagnostico, che tiene conto dei differenti modi di accedere
al sapere. Mi interessa tantissimo sviluppare la tematica del Diritto
all’Apprendimento e sensibilizzare su questo aspetto, le Istituzioni locali.
Per il momento opero attraverso la mia Associazione Culturale Contaminazioni
che avevo fondato nel 2008, ci occupavamo della promozione dell’Arte in tutte
le sue forme espressive ma nello Statuto avevamo anche inserito le attività di
formazione e di promozione sociale. Inseguito sicuramente mi piacerebbe aprire
una sede INPEF in Puglia, per le famiglie. Per il momento sto pensando anche di
continuare a formarmi, ancora all’INPEF, attraverso il Master “SCUOLA NAZIONALE
PERITALE, per CTP e CTU” per offrire un servizio sempre più efficace ed
efficiente.
Ricordi una lezione
particolarmente significativa per te?
Le lezioni più entusiasmanti e significative
per me sono state quelle con la Prof.ssa Gravela che mi hanno permesso di
scoprire un modo nuovo di fare scuola, ci siamo divertite a costruire gli
strumenti didattici; in particolare la Lectio Magistralis “Comprensione,
Comunicazione, Emozioni” con la Prof.ssa Palmieri è stata una lezione che ci ha
permesso di esplorare la qualità delle relazioni che costruiamo. In un percorso
di Pedagogia Familiare Comprendere le emozioni e riuscire a comunicarle è
fondamentale. Il percorso nella sua interezza è stato un arricchimento
incredibile. Sono molto soddisfatta della mia scelta e delle amicizie che sono
nate in Itinere. Ho conosciuto persone straordinarie che mi hanno donato le
loro storie. Non posso dimenticare una delle prime lezioni in cui ci siamo
sottoposti al Genogramma con la Professoressa Izzo e abbiamo parlato delle
nostre storie personali, delle nostre famiglie; tutto è avvenuto con
naturalezza e spontaneità e nei momenti di commozione il gruppo si è mostrato
solidale e compatto. In genere chi sceglie una professione di aiuto lo fa
perché vuole comprendere meglio se stesso e l’altro ci offre uno specchio nel
quale riconoscerci.
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