venerdì, ottobre 05, 2018

Dal 2018 vige l'obbligo della Dichiarazione di carattere non finanziario

Il Libro Verde della Commissione Europea definisce la Responsabilità Sociale d'Impresa come l'integrazione volontaria da parte delle aziende di istanze, tematiche e preoccupazioni ambientali e sociali nelle loro strategie commerciali ed operative.

Definita in inglese come CSR, ovvero Corporate Social Responsability, tale integrazione è diventata però coattiva e non più volontaria nel 2018, anno in cui l'Italia ha recepito la Direttiva Europea che obbliga le aziende a produrre, congiuntamente al Bilancio di impresa, una Dichiarazione di carattere non finanziario nella quale siano dettagliatamente elencate e descritte tutte le attività connesse ai seguenti temi:

  • welfare aziendale
  • sostenibilità ambientale
  • lotta attiva e passiva alla corruzione
  • rispetto dei diritti umani

Per sintetizzare, questo documento composto non da freddi numeri ma dalla descrizione di quanto e come la strategia d'impresa è trasparente ed eticamente responsabile ha rivoluzionato l'imprenditoria e ha avuto una inevitabile ricaduta sull'intera filiera.

Secondo il decreto, infatti, sono tenute a redigere la Dichiarazione solo gli Enti di Interesse Pubblico Rilevanti e le aziende quotate in borsa con oltre 500 dipendenti, tuttavia nella sua composizione sono necessarie certificazioni provenienti da apposite società di consulenza aziendale esterne e quindi imparziali.
Un'azienda che ad esempio debba certificare lo stato e il livello delle emissioni prodotte dal proprio stabilimento, per correre eventualmente ai ripari, oppure la conformità dei propri prodotti alle specifiche norme di riferimento dovrà rivolgersi ad una società di servizi aziendali accreditata specializzata in test di laboratorio, analisi ambientali e prove meccaniche come i controlli non distruttivi al fine di ottenere tutta la necessaria documentazione da accludere al faldone.

A chi spetta redigere la Dichiarazione?


Iniziamo prima di tutto col dire che la Dichiarazione deve essere verificata e certificata da un ente revisore esterno e totalmente imparziale, e deve essere sottoscritta dal Consiglio di Amministrazione. È quindi vincolante, e se riporta valori errati, alterati o omissioni può essere sanzionata.
A tal fine tutte le aziende hanno da tempo ampliato l'organico integrando la figura del CSR manager, un dipendente preposto proprio alla raccolta di questi dati, alla loro analisi, a stringere i contatti con le società di consulenza esterna, ma anche ad interfacciarsi con tutti i dipendenti per conoscere il loro grado di soddisfazione sul lavoro e studiare strategie di welfare aziendale.
La responsabilità aziendale non viene considerata un peso o un costo perché è evidente il ritorno di immagine per un'azienda o un marchio che sappiano mostrarsi pubblicamente responsabili e sensibili nei confronti di tematiche sociali o ambientali.

Gli sbocchi lavorativi


La CSR ha anche contribuito alla creazione di nuovi ambiti di studio e nuove figure ricercate sul mercato del lavoro. Le università italiane hanno aggiornato i loro corsi di studio prevedendo proprio questo tipo di specializzazioni multitematiche ed approntando percorsi accademici che certifichino i livelli di conoscenza su materie quali la Politica dell'Ambiente, la sociologia, il diritto del lavoro.

Un CSR manager è una figura oggi ricercatissima e polivalente, ed acquisire tutte le necessarie competenze è per un giovane un eccellente incentivo verso la migliore collocazione sul mercato del lavoro.






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