lunedì, luglio 20, 2009

Paolo Borsellino vive



Sono passati 17 anni anni dalla morte di Paolo Borsellino e la sua scorta e ancora non sappiamo chi sono i mandanti di quella strage.
Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ha una sua idea; suo fratello è stato ucciso dallo stato perchè non voleva accettare che si scendesse a patti con la mafia.
In un
agenda grigia di Paolo, ora in possesso della famiglia Borsellino, c'è scritto (da Paolo) che il 1 luglio 1992 il giudice Borsellino incontrò Nicola Mancino, allora Ministro degli interni ed ora vicepresidente del CSM.
Da quell'incontro Paolo ne usci sconvolto, forse li aveva capito che lo stato aveva deciso di patteggiare con la mafia in cambio della cessazione delle stragi e lui non ci voleva stare, firmando la sua condanna a morte.
Mancino affida la sua repilica ad una lettera che consegna al corriere della sera:
"Egregio Direttore,
nell’imminenza dell’anniversario della strage mafiosa di via D’Amelio nella quale caddero il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, mi trovo, mio malgrado, di nuovo messo sotto accusa da Salvatore Borsellino che, dopo un lungo silenzio di oltre dodici anni dall’accaduto, da qualche tempo crede di avere individuato una mia presunta responsabilità morale nell’attentato, che afferma ma non prova. Questa volta lo strumento usato per quella che non esito a denunciare come una aggressione personale, è una videointervista pubblicata oggi, senza che a me sia stata data l’opportunità di replicare, sul sito «Corriere.it».
Nella videointervista Salvatore Borsellino ripete senza modifiche le sue accuse. La ricostruzione dei fatti si ricava dall’interrogatorio che Gaspare Mutolo rese il 21 febbraio del 1996 nell’aula del processo celebrato a Caltanissetta per la strage di via D’Amelio. Senonchè Salvatore Borsellino cita sempre, e anche nel video riportato oggi dal Corriere.it, una sola parte di quella testimonianza, in cui il magistrato dice al pentito che deve allontanarsi per andare al Viminale. Sono in possesso delle pagine processuali".
Sono un po’ lunghe. Cito, perciò, dal volume «L’agenda rossa di Paolo Borsellino», di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, ed. Chiarelettere, pag. 146.
«Sai, Gaspare, debbo smettere perché mi ha telefonato il ministro, ma…manco una mezz’oretta e vengo». Salvatore Borsellino cita continuamente questa frase, ma mai ricorda quel che Paolo Borsellino disse allo stesso Mutolo al suo ritorno dal Viminale. Se proseguiamo nella lettura de «L’agenda rossa», nella stessa pagina 146, possiamo leggere il seguito del racconto di Mutolo: «Quindi (Paolo Borsellino) manca qualche ora, quaranta minuti, cioè all’incirca un’ora, e mi ricordo che quando è venuto, è venuto tutto arrabbiato, agitato, preoccupato, ma che addirittura fumava così distrattamente che aveva due sigarette in mano.
Io, insomma, non sapendo che cosa (…) Dottore, ma che cosa ha? E lui, molto preoccupato e serio, mi fa che viceversa del ministro, si è incontrato con il dott. Parisi e il dott. Contrada…»
"Dunque, è lo stesso magistrato a non confermare l’incontro con il ministro, ed è la stessa fonte – Gaspare Mutolo – a testimoniarlo".
"Ma Salvatore Borsellino fa sempre una citazione monca, e dà a me del bugiardo".
"Se ci fosse stato l’incontro, perché avrei dovuto nasconderlo?"
Che cosa si sarebbero dovuti dire due persone che non avevano mai avuto rapporti tra di loro il primo giorno dell’insediamento di un ministro al Viminale?
Che non si sarebbero dovute tenere trattative con la mafia? E chi le avrebbe tenute?
Uno che proprio quel giorno era arrivato al Viminale per assumere la responsabilità di dirigere ordine e sicurezza pubblica? Via! Per ricondurre alla giusta dimensione l’atteggiamento di quel Ministro dell’Interno del governo Amato nei confronti della mafia, si ricostruiscano dalle cronache del tempo impegni, decisioni, azioni di contrasto contro la criminalità organizzata"
"applicazione dell’art. 41 bis, allestimento delle carceri di massima sicurezza dell’Asinara e di Pianosa, scioglimento di oltre 60 Consigli comunali inquinati dalla mafia e da altre organizzazioni malavitose: tutte iniziative portate avanti con fermezza ed intransigenza dal Ministro Mancino”. Nicola Mancino vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura.

Salvatore quello che dice lo prova (vedi foto dell'agenda), se al posto di Mancino Borsellino incontrò Parisi e Contrada, l'ex ministro ci deve spiegare perchè lui non ci andò e cosa si dissero di tanto sconvolgente per Paolo.
Invece il vicepresidente del CSM si nasconde dietro un dito, io non c'ero, ma era il Ministro e doveva sapere cosa stesse succedendo; ce lo dica allora.
Alla fine ricorda tutti i provvedimenti che il suo ministero prese contro la mafia, tutti attuati dopo la morte di Paolo, come se fosse un modo per riparare agli errori fatti fino a quel momento.
Non basta, noi vogliamo sapere che erano i mandanti e le ultime
dichiarazioni di Riina, inseme a quelle di Gaspare Spatuzza, avvalorano sempre di più la tesi di Salvatore Borsellino.
Non non ci arrenderemo finchè la verità non verrà fuori
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