La fase catabolica del capello, che conclude il suo ciclo vitale è caratterizzata da una involuzione della papilla germinativa del bulbo, che riducendo l'apporto di ossigeno e di nutrienti al bulbo, ne provoca la regressione e quindi l'atrofia. Dopo di che il capello cade.
Quando l'involuzione della papilla vascolare germinativa è provocata da fattori tossici esogeni o endogeni, o da vasocostrizione correlata a stress con la conseguenza che il capello vive poco più di un anno o pochi mesi, si tratta chiaramente di un evento patologico.
Deve però essere fatto notare, che l'azione tossica distrofizzante, che ha provocato la caduta del capello, eserciterà la stessa azione dannosa sul nuovo bulbo e la nuova papilla germinativa, cosicché i nuovi capelli, che cresceranno saranno sempre più fini e sempre più deboli, cioè con vitalità sempre più ridotta. E così insorgerà più o meno rapidamente la calvizie.
Nel caso della calvizie androgenetica, la caduta dei capelli, pur essendo dovuta a una involuzione della papilla germinativa, è però da ricondurre a un meccanismo diverso.
Infatti il capello invece di morire perché giunge alla fine del suo ciclo vitale, o per evento normale, o a causa di agenti patogeni esterni, muore secondo un processo, che si potrebbe definire un "suicidio", per certi aspetti analogo a quello, che si verifica nella patologia autoimmune.
Il meccanismo biologico, che regola la caduta dei capelli stagionale e ancor più nella calvizie androgenetica dell'uomo, è probabilmente sempre lo stesso e cioè una forma tanatologica di "amputazione". E' un meccanismo analogo a quello del distacco dell'endometrio, a ritmi mensili, secondo un gioco ormonale.
Questa caduta dei capelli è sempre correlata a una riduzione della circolazione ematica, con conseguente minor apporto di ossigeno e di nutrienti alla matrice, che distrofizzandosi, finiscono col cadere.
In questo processo di "distaccocaduta" ha sicuramente una parte di rilievo il fattore ormonale, che è dimostrato in modo eclatante nella calvizie androgenetica, ove avviene una trasformazione nel bulbo dei capelli e, in particolare, nelle ghiandole sebacee, del testosterone in diidrotestosterone, che esercita una azione "tossica" sul bulbo pilifero, anche attraverso una vasocostrizione, che si accentra sulla matrice del bulbo e sulla papilla germinativa.
La trasformazione del testosterone in diidrotestosterone avviene ad opera di un enzima, la 5 - alfa - reduttasi.
Nell'uomo, che va incontro a calvizie androgenetica si verifica un disordine di tutto il processo metabolico del ciclo vitale del capello. L'azione abnorme dell'enzima 5 - alfa - reduttasi avviene infatti nell'ambito di un turbamento degli altri enzimi a carattere ossidativo e fosforilativo, che agiscono in senso trofico sul bulbo (citocromoossidasi, succinodeidrogenasi, esterasi, fosforilasi).
Si tratta quindi di una enzimopatia, correlata a una deviazione abnorme afinalistica del processo di muta dei capelli, che diventa antiorganismica, si potrebbe dire "suicida", poiché si sottrae ad ogni controllo, così da essere non più limitato, ma prolungato nel tempo.
Poiché il testosterone ha come sede di accumulo i capelli e le ghiandole sebacee, la sua trasformazione in diidrotestosterone, ne fa abbassare il livello di concentrazione in queste sedi.
Per ripristinare il normale accumulo di testosterone i capelli fanno fronte con un aumento dei recettori per il testosterone, che in alcune zone (vertice o fronte-temporale) può arrivare fino a 100 volte.
Ne deriva un aumento dell'accumulo di testosterone e di conseguenza un aumento della produzione dell'enzima 5 - alfa - reduttasi, che indurrà una formazione sempre più elevata di diidrotestosterone, con conseguente caduta dei capelli.
Questo meccanismo perverso cesserà soltanto quando tutti i capelli, che dovevano cadere saranno caduti e si sarà instaurata una calvizie totale fronte - occipitale, salvandosi soltanto i capelli in sede temporale e nucale.
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