giovedì, luglio 16, 2009

IMPRESAMIA.IT-EXPORT - Va male in Europa, meno nel Mediterraneo


Pollastri: le nostre imprese vanno meno peggio di quelle degli altri Paesi
Le imprese italiane che operano sui mercati stranieri sono in crisi ma non più di quelle degli altri paesi in diretta competizione. A confermare il trend negativo è un'indagine condotta da Assocamerestero, l'associazione delle Camere di commercio italiane all'estero, in collaborazione con Unioncamere. Alla ricerca hanno partecipato 62 Camere di commercio dislocate in 42 paesi diversi. Il 70% degli imprenditori intervistati ritengono che la posizione dell'Italia, come partner d'affari rispetto ai competitor, sia rimasta invariata nei primi sei mesi dell'anno rispetto alla fine del 2008. La restante parte si divide tra chi è convinto che la competitività sia peggiorata e chi crede che sia migliorata rispetto ai concorrenti. Che la crisi si sia aggravata non ci sono dubbi: dal primo al secondo trimestre del 2009 si è quasi dimezzata, passando dal 30 al 19%, la percentuale di quanti non hanno avvertito alcuna riduzione degli ordinativi dal l'estero verso l'Italia. Per gli altri rappresentanti degli imprenditori la caduta degli ordini c'è stata, e in particolare è raddoppiato il numero di quanti registrano un calo di oltre il 20%, avvertito ora da quasi un intervistato su cinque (18%). Particolarmente significativa è la diminuzione registrata in Europa, mentre in aree come il Mediterraneo e l'Australia non si segnalano flessioni oltre il 10%. "Le nostre imprese vanno meno peggio di quelle degli altri paesi, non bene - ha commentato Edoardo Pollastri, presidente di Assocamerestero (nella foto) -. È una percezione che può essere di conforto, perché questi indici, pur negativi, mostrano la forza del brand Italia e denotano segnali di una certa ripresa". La meccanica e gli alimentari con i vini sono indicati come i comparti che usciranno prima della crisi (rispettivamente secondo il 45% e il 40% degli intervistati). Nere, invece, le previsioni per il settore dell'abbigliamento-moda-persona, nel quale crede solo il 13% del campione, e soprattutto per gli autoveicoli, fermi a un eloquente 2 per cento. Nessuno, poi, vede positivamente i prossimi mesi nel settore dell'arredo-casa. Ma come reagiscono le aziende italiane che operano all'estero? Solo il 26% degli intervistati segnala un ripiegamento del business, mentre poco meno della metà vede un consolidamento e un altro 30% ritiene che sia addirittura in corso una fase di sviluppo. In questo caso la strategia più seguita (59% delle risposte) è la ricerca di nuovi segmenti di mercato.Più frastagliate le risposte sulle misure ritenute prioritarie per sostenere il Made in Italy all'estero. Le esigenze manifestate più frequentemente sono lo sviluppo delle missioni commerciali all'estero (24% delle risposte), il migliore coordinamento tra i soggetti responsabili della promozione del made in Italy (21%) e maggiori flussi di credito alle imprese che esportano (20%). Proprio il coordinamento da migliorare tra gli enti è una delle preoccupazioni di Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere "Lo scorso anno per sostenere la vocazione all'internazionalizzazione di tante piccole imprese - ha affermato - abbiamo coinvolto oltre 4mila aziende in 14mila incontri, mettendo a disposizione quasi 70 milioni di euro. È anche grazie a questo impegno che l'immagine del brand Italia nel mondo non conosce crisi. Certo - ha poi aggiunto - il nostro modello promozionale deve fare un salto di qualità in termini di coordinamento e di efficacia delle azioni. Al Governo, all'Ice e a tutti gli altri attori istituzionali rinnoviamo la disponibilità a collaborare ancora più strettamente".

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