mercoledì, novembre 04, 2009

GAS SERRA:QUANTO CI COSTA?



Manca poco al vertice internazionale di Copenaghen sul clima, e il nostro paese non sembra pronto alla sfida.Per avere qualche possibilità di stare sotto i 2°C di aumento e di sfuggire alle conseguenze più disastrose.

L’Ipcc ( organismo internazionale di riferimento ) conferma chei paesi sviluppati entro il 2020 devono tagliare i gas serra dal 25% al 40% rispetto ai livelli del 1990.L’impegno dell’Italia, che viene dall’accordo di Kioto del 1997, è di ridurre le emissioni del 6,5% entro il 2012.Per adesso le abbiamo aumentate del 6%.

Un sostanziale ritardo che – secondo le stime del Kioto club- ci stà costando 3,6 milioni di euro al giorno, per un totale che, solo fino ad ora, ha raggiunto un valore esagerato: più di 2,3 miliardi da pagare per le emissioni in eccesso.Il nostro governo, intanto, chiede –inesaudito – all’Europa di rivedere, al rialzo, la spettanza di emissioni concesse alle industrie italiane.

Di queste quantità circa la metà è sottoposta all’EMISSION TRADING SOHEME ( ETS) europeo, che destina ad ogni Stato membro una successione di permessi a emettere per le sue industrie.Chi non se li fa bastare deve acquistarli.L’impegno del - 6,5% per Kioto, per chiarire, resterebbe anche se alle industrie italiane ad alte emissioni fosse accordato di emettere di più senza pagare, come chiede il governo.


Con meno limiti ai settori più energivori, lo sforamento sarebbe ancora più alto ed il conto ancora più salato.Il nostro paese secondo l’esecutivo, apparirebbe penalizzato dalle quote Ets troppo strette.“ Siamo obbligati ad acquistare le autorizzazioni da Stati che hanno saputo contrattare meglio in sede europea” – chiarisce il direttore generale del ministero dell’Ambiente, Corrado Clini-Il governo Prodi nel 2006, quando si istituirono le quote, vennero chiesti 209 milioni di tonnellate (Mt) di CO2, ne furono attribuiti 201,6 ( anche se secondo le linee guida europee ce ne sarebbero destinate 188).

Ecco gli sforzi finora vani di ottenere un nuovo sconto. Le industrie italiane devono pagarsi da sole ulteriori permessi, nell’ultimo anno hanno sforato di poco: 9 Mt, circa il 5%. Il problema si è creato con i nuovi entranti: impianti attivi dopo la dotazione delle quote, dove tutti i permessi sono a carico dello Stato. La quota fissata a questi ultimi è stata superata di 37 Mt: ora si devono recuperare 550 milioni di euro entro il 30 aprile per acquistare più permessi, pena una multa di 3,7 miliardi di euro e il blocco degli impianti, resta un dilemma: dove si prenderanno questi soldi.

Ci spiega Mannino Bordet, tecnico del ministero economico, che si allontana l’ipotesi che i soldi vengano detratti direttamente dalle bollette degli utenti o dalla fiscalità generale.C’è però una possibilità, verranno anticipati dallo Stato, per poi rifarsi sulle aziende per mezzo della vendita all’asta delle quote nella successiva fase dell’EST.A questo punto ci chiediamo come mai si sono autorizzati impianti che avrebbero sforato a spese del pubblico.“

Bisogna ottenere più sconti su impegni già presi, mostrando disinteresse per il clima,” dice Francesco Tedesco, responsabile energia di Greenpeace Italia, “ sarebbe utile interrogarsi sulla strategia futura dei grandi dell’energia in Italia.Se ci rivolgiamo alle emissioni dei settori Ets, ci si rende conto dove ci possono essere più possibilità di ridurre la CO2, come nel settore elettrico che opta per fonti pulite.Tra le industrie sottoposte all’Ets, siderurgia, carta, vetro e cemento hanno emesso nel 2008 meno di quello che avrebbero potuto senza pagare.Solo raffinerie ed elettrico hanno sforato nel 2008, Edison ed Enel in testa.L’Enel nel 2009 ha fatto avviare la centrale di Torrevaldaliga Nord, vicino a Civitavecchia, dove secondo Legambiente emetterà 10,3 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, più dello sforamento di tutti gli impianti italiani dell’ Ets nel 2008.“

La tattica di aziende come Enel- denuncia Tedesco – è di aumentare la produzione di carbone dal 25% al 50% cosa che stà facendo in Italia con l’impianto di Civitavecchia, e con quello già autorizzato di Portotolle.Una vera e propria strategia clima killer.ENTRO IL 2012 DOVERMMO RIDURRE LE EMISSIONI DEL 6,5%. PER ORA LE ABBIAMO AUMENTATE DEL 6%.

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